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Spie dell'autismo nei meccanismi dell’attenzione nei bambini

Spie dell'autismo nei meccanismi dell’attenzione nei bambini

Riconoscibili dall'età di 8 mesi, lo indica una ricerca italiana

09 maggio 2024, 12:42

di Enrica Battifoglia

ANSACheck

Giochi sensoriali con la sabbia /fonte: Annadokaz - iStockI - RIPRODUZIONE RISERVATA

Spie dell’autismo potrebbero nascondersi nella difficoltà con cui bambini nella primissima infanzia distolgono l’attenzione da un evento. Lo indica la ricerca italiana pubblicata sul numero speciale della rivista Cerebral Cortex dedicato alle basi biologiche dell’autismo e condotta su bambini di otto mesi. Allo studio, coordinato dall’Università di Padova, hanno partecipato le università Vita e Salute di Milano e quelle di Lecco, Bergamo e Trento.

I ricercatori si sono concentrati sul fenomeno del ‘disancoraggio’, ossia la capacità di spostare l’interesse da un evento per esplorare il mondo circostante. “Abbiamo –preso in esame un ampio campione di bambini a sviluppo tipico di soli 8 mesi e valutato se, in alcuni, fosse presente un rallentamento nel meccanismo di disancoraggio dell’attenzione”, dice il primo autore della ricerca, Luca Ronconi della facoltà di Psicologia dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. “Lo scopo di enucleare questa spia nei bimbi in giovanissima età – aggiunge - era quello di predire il loro successivo sviluppo comunicativo e sociale a distanza di più di un anno”. I ricercatori hanno anche voluto verificare se anche i genitori dei bambini con problemi nel disancoraggio fossero presenti comportamentali che riflettessero difficoltà nel modulare l’attenzione in contesti sociali e di comunicazione”, aggiunge Simone Gori deldDipartimento di Scienze Umane e sociali dell’Università di Bergamo.

E’ emerso così che “anche in bambini a sviluppo tipico, esiste una forte relazione tra una lieve disfunzione del meccanismo automatico di disancoraggio dell’attenzione, controllato dal circuito fronto-parietale dell’emisfero destro, e il loro futuro sviluppo socio-comunicativo, confermato anche dai tratti comportamentali dei loro genitori”, osserva il responsabile della ricerca, Andrea Facoetti del dipartimento di Psicologia generale dell’Università di Padova. “La conseguenza più rilevante di questa scoperta – prosegue – è che mediante specifici programmi di abilitazione dell’attenzione si potrebbe sviluppare una precoce campagna di prevenzione di tali disturbi, la cui incidenza purtroppo sembra ad oggi in continuo aumento, oltre al poter individuare già a 8 mesi i bambini a rischio di un disturbo dell’interazione sociale e della comunicazione che nelle forme più gravi potrebbe anche sfociare nell’autismo”.

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